Verso una Costituzione di minoranza per una democrazia dell’onnipotenza

Unità tra prima e seconda parte della Costituzione

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Uno degli argomenti che viene proposto a sostegno di questa riforma costituzionale è che essa riguarderebbe soltanto la parte organizzativa e non inciderebbe sulla prima parte.

Questa è una falsità, perché le due parti sono fortemente connesse e perché la parte “organizzativa” mette insieme strumenti istituzioni e tecniche di garanzia idonei ad assicurare l’attuazione dei principi della prima parte, in particolare, l’uguaglianza, i diritti fondamentali, i diritti sociali. Io credo che per capire il nesso che esiste tra la prima e la seconda parte della Costituzione e quindi gli effetti che la modifica della seconda parte avrà sulla prima parte, basti prendere in parola quello che dice il Governo, e lo stesso presidente Renzi: «ce lo chiede l’Europa». L’Europa ci chiede queste riforme. Questa è una frase che a prima vista può sembrare senza senso. Che senso ha, che vuol dire che l’Europa è interessata all’abolizione del Senato oppure alla riforma della legge elettorale? Sembra soltanto una mistificazione, ma purtroppo è vero. Ce lo chiede l’Europa, cioè ce lo chiedono i mercati, perché l’obiettivo di questa riforma è un obiettivo perseguito da tanti anni, dalla riforma di Berlusconi, dalla riforma di Craxi: è la governabilità.

Che cosa vuol dire governabilità? Nel lessico dei nostri governi, non soltanto in Italia, governabilità vuol dire onnipotenza dell’esecutivo rispetto al Parlamento e ovviamente rispetto alla società.

Vuol dire mani libere, possibilità di aggredire lo Stato sociale, possibilità di aggredire la scuola, aggredire la sanità, sulla base unicamente di un consenso senza alternative: perché ci si presenta alle elezioni, e certamente non ci sarà più la quantità di voti del passato, ci sarà una crescita dell’astensionismo, perché è crollata la qualità del voto, non si vota per convinzione ma solo per paura del peggio; si ha disprezzo, disgusto, si vota per il meno peggio, e tuttavia questo è il consenso, è la fonte di legittimazione veicolata da una riduzione della politica a spettacolo che richiede NON, come vorrebbe l’articolo 49, il concorso dei cittadini nel determinare la politica nazionale, ma semplicemente il consenso degli spettatori al meno peggio. Al meno peggio significa che tutti devono assomigliarsi, perché non ci sono alternative, perché la politica dei mercati è una sola, la politica si sta trasformando in tecnocrazia, in modo tale che non si spiega perché ci debba essere un ceto politico di un milione di persone che evidentemente è diventato totalmente parassitario perché deve soltanto eseguire i dettami dei mercati.

Il nostro voto è una scelta o a favore della democrazia pluralistica costituzionale oppure a favore di un’involuzione personalistica, verticalistica e autocratica del sistema politico.

di Luigi Ferrajoli – Professore emerito di Teoria generale del diritto, Università Roma Tre; componente del Comitato scientifico di Questione Giustizia

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